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ALLA RICERCA DELLA COSTITUZIONE PERFETTA (o Come solo la Governabilità di un Paese può salvarci dall


Stati Uniti d’America: presidenzialismo, federalismo, sistema maggioritario

Negli ultimi giorni, per forza di cose, è in auge il sistema americano.

L’art. I della Costituzione USA così recita: “Tutti i poteri CONCESSI [ricordate il discorso che vi ho fatto sul federalismo: gli Stati federati concedono poteri allo Stato centrale] sono dati al Congresso, composto da Senato e Camera dei rappresentanti””.

Quindi abbiamo due camere, diverse. La Camera dei rappresentanti (441 membri) realizza il principio democratico, giacché il popolo di ciascuno Stato federato elegge i rappresentanti che sono in numero proporzionale alla popolazione di ciascuno Stato. Quindi il Texas avrà più rappresentanti della Lousiana, per intenderci.

Il Senato (100 senatori) invece realizza il principio federale e perciò sarà composto da due senatori per ogni Stato, quale che sia la popolazione dello Stato in questione, senatori che vengono eletti non dalla popolazione bensì dai corpi legislativi dei singoli Stati. Per intenderci, la California ha un suo singolo parlamento, anch’esso chiamato “congresso”, che si occupa di legiferare: sarà il congresso californiano a nominare i due senatori californiani che andranno al Senato americano, non la popolazione californiana. I senatori vengono eletti per 6 anni, ma 1/3 del Senato è eletto ogni due anni. Quindi c’è un continuo ricambio.

Precisiamo anche qui una cosa: nelle materie che sono per lo più di competenza federale, ai singoli Stati non è vietato in toto legiferare, bensì è vietato fare leggi che vadano in senso contrario a quanto deciso dal Congresso. Quindi possono legiferare al fine di integrare quanto già è stato deciso a livello federale.

Il Senato è l’unico organo competente a decidere sull’impeachment, cioè la messa in stato d’accusa.

(n.b. L’impeachment non è solo contro il presidente, ma può essere chiesto anche contro il vicepresidente e i giudici della Corte Suprema)

Quindi non vi è in questa cosa uniformità di competenza tra Camera e Senato.

Invece, i progetti di legge sulla tassazione possono essere di iniziativa solo della Camera dei rappresentanti, sebbene poi il Senato possa partecipare tramite l’apposizione di emendamenti. Il procedimento legislativo si conclude con la firma della nuova legge da parte del Presidente degli Stati Uniti (esattamente come da noi la promulgazione della legge viene fatta dal Presidente della Repubblica), che ovviamente ha il diritto a rinviare la legge al Congresso con le sue obiezioni (anche qui c’è il parallelismo con il nostro Presidente della Repubblica).


Tutti i componenti del Congresso hanno l’IMMUNITA’ DALL’ARRESTO, salvo il caso in cui abbiano commesso tradimento, fellonia (ossia delitti di particolare gravità e riprovazione sociale, che vanno dall'aggressione all'evasione fiscale, dalla violazione di domicilio allo spionaggio, ma anche omicidio, stupro, sequestro di persona, truffa) e violazione dell’ordine pubblico.


L’art. II della Costituzione americana parla del potere esecutivo, che spetta al Presidente il quale viene eletto con votazione INDIRETTA, ossia: i cittadini dei singoli Stati votano i c.d. Grandi Elettori i quali poi votano il candidato presidente prescelto. Ogni Stato federato ha diritto a un numero di elettori pari al numero di rappresentanti che esprime al Congresso, vale a dire 2 (come i senatori) + n. (come i rappresentanti alla Camera il cui numero dipende dalla popolazione dello Stato).


Ora, il modello americano è famoso per la presenza di “checks and balances”, vale a dire che i tre poteri dello Stato di montesquieiana memoria (esecutivo, legislativo, giudiziario) si controllano e bilanciano l’un l’altro. Il Congresso non vota la fiducia al Presidente neoeletto ma ha la possibilità (tramite il Senato) di metterlo in stato d’accusa (come detto su); il Presidente può opporsi alla promulgazione di una legge approvata dal Congresso ma deve coinvolgere quest’ultimo (sempre attraverso il Senato) nella stipula dei trattati internazionali e nella nomina degli alti funzionari dello Stato quali ad esempio ambasciatori, consoli, giudici della Corte Suprema.

Quest’ultima è poi il vero contrafforte dei poteri dati al Congresso ma soprattutto al Presidente, ciò perché – sebbene i giudici siano nominati da Congresso e Presidente (più o meno come i nostri giudici della Corte costituzionale) e questo potrebbe far pensare a una loro politicizzazione – questi giudici sono nominati a vita. Ne consegue che, sebbene sia il Congresso che il Presidente possano - e probabilmente lo facciano! – cercare di assegnare la carica a persone di loro fiducia, queste una volta nominate sono assolutamente libere di decidere le cause secondo diritto giacché non sono suscettibili di alcun ricatto visto che non possono essere rimosse.

L’art. V stabilisce il meccanismo di revisione costituzionale, che non si fa intervenendo sui sette articoli originali bensì facendo loro delle aggiunte, gli emendamenti appunto. Le procedure possono essere due: 1) il Congresso propone gli emendamenti quando i 2/3 di entrambe le Camere lo ritengano necessario; 2) su richiesta degli organi legislativi dei 2/3 degli Stati, il Congresso americano potrà convocare una Convenzione per proporre emendamenti. Qualunque sia la procedura seguita, gli emendamenti dovranno comunque essere ratificati dai ¾ degli Stati. I cittadini non entrano in alcun modo nel procedimento!!!

I sette articoli della Costituzione non parlano dei diritti dei cittadini, proprio perché a tutelarli sono innanzitutto gli Stati federati e non lo Stato centrale (o federale). Ciononostante, contestualmente all’approvazione della Costituzione sono stati approvati anche i primi dieci emendamenti che costituiscono il c.d. Bill of rights, in cui si stabiliscono la libertà di culto e religione, di parola e di stampa, di associazione, i diritti processuali, il divieto di pene inumane e degradanti.


In conclusione, abbiamo due Camere, elette in modo diverso, che non votano la fiducia al Presidente che viene eletto in maniera diretta-indiretta dai cittadini, ma una delle due Camere (il Senato) può sfiduciarlo attraverso l’impeachment. Il giudizio di costituzionalità viene esercitato da qualunque giudice (si parla perciò di sindacato diffuso) e la Corte Suprema arriva a valutare la costituzionalità di un atto solo dopo che si sono fatti i diversi gradi di giudizio, fungendo al contempo da nostra Corte di Cassazione.


Regno Unito: monarchia costituzionale parlamentare, deregolamentazione amministrativa, sistema maggioritario bipartitico

In Inghilterra non vi è una Costituzione ma solo consuetudini costituzionali, generalmente non scritte, e non vi è alcun controllo circa il loro rispetto (cioè, non hanno una corte costituzionale).

Mi spiego meglio: vi è per esempio una consuetudine costituzionale secondo la quale il parlamento deve riunirsi almeno una volta l’anno. Non è scritto da nessuna parte e non sono previste sanzioni specifiche qualora tale regola non venisse rispettata. Tuttavia, il sistema inglese si basa su un meccanismo, che può sembrare inconsistente se applicato in Italia ma che nel Regno Unito funziona benissimo, da secoli. Ossia, la forza della legge. Il che significa che la legge costituzionale non è scritta ma tutti la conoscono; nel momento in cui i cittadini si accorgono che le autorità statali non rispettano quella legge, i cittadini sono legittimati alla disobbedienza nei confronti della autorità a sua volta disobbediente per non aver rispettato la regola. Quindi il mancato rispetto della legge costituzionale inglese da parte degli organi dello Stato legittima i cittadini alla rivoluzione, pacifica o violenta che sia, giacché la forza e la sacralità della legge danno legittimità alla lotta dei cittadini per sovvertire l’ordine costituito - che sta infrangendo la legge – al fine di istituirne uno nuovo che venga legittimato dal fatto di rispettare la legge. Non so se è chiaro, ma è questo il meccanismo! :)

Stesso dicasi per la consuetudine costituzionale secondo cui se la Camera dei Comuni (simile alla nostra Camera dei deputati) si esprime a favore delle dimissioni del governo, quest’ultimo dovrebbe lasciare la carica ma non è scritto da nessuna parte... semplicemente è così. Punto.

La regola generale per cui in materia di legislazione la Camera dei Pari (ossia la House of Lords, la Camera alta inglese) debba in ultima istanza cedere alla volontà della Camera dei Comuni è una delle più consolidate massime della moderna etica costituzionale inglese. Ovviamente ogni tanto è successo che le cose non andassero così, tuttavia si tratta di episodi sporadici. Ad esempio, quando tra il 1834 e il 1840 la Camera alta si oppose ripetutamente e con successo a misure di iniziativa governativa che erano state approvate dalla Camera dei Comuni e per molti anni gli ebrei furono esclusi dalla rappresentanza parlamentare solamente perché i Pari non erano pronti ad ammetterli al voto. Ma si tratta appunto di episodi brevi nella storia inglese.

Anche la regola “The King in Parliament” (ossia che i poteri del sovrano, pur essendo estesi, sono comunque limitati dall’azione del Parlamento) è non scritta ma fortemente affermata nel costituzionalismo inglese. E in particolare, nel tempo, la Camera dei Comuni ha acquistato maggiore importanza rispetto alla Camera dei Pari e tra le due il monarca deve dare prevalenza alla volontà della prima, in quanto espressione dei cittadini inglesi che ne hanno eletto i componenti.

Inoltre, la Camera dei Pari ha poteri giurisdizionali, è una via di mezzo tra la nostra Corte costituzionale e la nostra Corte di Cassazione. Il caso per esempio dell’estradizione di Pinochet, l’ex dittatore cileno, verso la Spagna che voleva processarlo per i crimini commessi quando era il Capo di Stato in Cile, fu deciso dalla Camera dei Pari. Quindi, rispetto al nostro Senato, ha come similitudine il fatto di essere coinvolta nel procedimento legislativo, ma per il resto non si tratta di un bicameralismo perfetto, tutt’altro… abbiamo detto che è la Camera dei Comuni a prevalere. E in più ha funzioni giurisdizionali che il nostro Senato non ha. Non sono quindi assimilabili.


Riassumendo: vi sono due Camere, la camera bassa detta Camera dei Comuni (650 membri eletti – uno per ogni collegio - a suffragio universale a sistema maggioritario, in carica per una legislatura quinquennale) e la camera alta detta Camera dei Pari, non elettiva ma su nomina. Mi spiego meglio, la Camera dei Pari è composta da oltre 700 Lord, un tempo erano tutti nobili ed ecclesiastici, adesso – dopo una riforma del 1999 – sono rimasti solo 92 Lord su base ereditaria (appartenenti alle storiche famiglie aristocratiche) mentre il resto è nominato dal re su proposta del primo ministro che in genere propone ex-ministri, alleati politici, funzionari di partito o altre persone con cui lui o il suo partito hanno stretto accordi politici. Tuttavia, questa camera, oltre alla funzione giurisdizionale accennata, non ha grandissime competenze: a livello legislativo ha solo il compito di verificare e modificare i progetti di legge proposti dalla Camera dei Comuni prima della votazione finale, ma con moltissimi limiti: i Lord possono ad esempio fare ostruzionismo ad alcune leggi, ma non oltre un certo tempo. Possono modificare le leggi, ma per tradizione non si oppongono mai ad una richiesta avanzata dai Comuni con decisione.

Al contrario della Camera dei comuni, quella dei lord non ha alcun controllo sulla durata in carica del primo ministro o del governo; solo la camera bassa può indurre il primo ministro a dimettersi o a indire nuove elezioni con una mozione di sfiducia o ritirando l'appoggio.


Francia: semipresidenzialismo, regionalismo, sistema maggioritario, sindacato di costituzionalità preventivo

Il semipresidenzialismo è forse il sistema che mi convince meno, ma dopo ben 5 Costituzioni la Francia ha deciso che è il SUO sistema, e allora ben venga! Se l’è scelto “lei”, e la cosa fondamentale in democrazia è che un sistema non sia imposto da nessuno bensì sia condiviso e sentito proprio dalla società e dal popolo di quel Paese.

Il semipresidenzialismo funziona così:

  1. il presidente è eletto direttamente dal popolo e non ha bisogno della fiducia del parlamento; tuttavia non può governare con dei suoi ministri (come fa il Presidente degli Stati Uniti, per intenderci, che presiede un governo composto dai c.d. Segretari);

  2. allora serve anche un governo, che sostanzialmente governa il Paese assieme al Presidente, però il governo ha bisogno della fiducia del Parlamento.

Attualmente il Presidente francese è Hollande, mentre il Primo ministro che presiede il governo è Manuel Valls.

Nella pratica, però, uno dei due prevale: nel caso francese, c’è la predominanza del presidente nel dettare le politiche nazionali. In altri casi di semipresidenzialismo, come Austria e Irlanda, invece prevale il primo ministro e il relativo governo, per cui il Presidente è più che altro un “garante” istituzionale.

La predominanza dell’uno o dell’altro in genere non è scritto in Costituzione, bensì si realizza nella pratica per via dell’autorevolezza che i politici che si candidano alla presidenza hanno così come per via dell’impianto del sistema politico in sé. Quindi è qualcosa che avviene “di fatto” e non “di diritto”.


Il problema del semipresidenzialismo si palesa quando si realizza la c.d. Cohabitation (coabitazione), ossia il Presidente appartiene a una corrente politica diversa da quella cui appartiene il governo. Esempio: Presidente di destra e Primo Ministro di sinistra, o viceversa. Un esempio si è avuto nel 1997, quando Chirac (lo ricorderete!) di destra nominò come Primo Ministro Jospin, che era di sinistra. O ancor prima quando, nel 1986, il presidente Mitterand (ricorderete anche lui!) di sinistra nominò Primo Ministro proprio Chirac, di destra appunto.


Il Parlamento invece è suddiviso in Assemblea Nazionale (la nostra Camera dei deputati) e Senato. La prima è composta da 577 deputati, eletti (per cinque anni) in collegi uninominali con scrutinio maggioritario in due turni. Il secondo è attualmente (perché viene nel tempo aggiornato in base ai livelli demografici) composto da 348 senatori, eletti non dai cittadini ma dai c.d. “grandi elettori”, che sono 150.000 per la maggior parte costituiti da amministratori locali (sindaci, consiglieri municipali, consiglieri dipartimentali e consiglieri regionali), oltre ai deputati dell'Assemblea Nazionale.

Formalmente le due Camere hanno le stesse competenze, ma di fatto se c’è disaccordo tra le due Camere le soluzioni sono essenzialmente due, dopo un primo tentativo di Commissione mista che cerca di trovare un accordo:

  1. il Senato fa prevalere l’orientamento dell’Assemblea Nazionale (esattamente come vi ho detto fare la House of Lords nei confronti della House of Commons);

  2. il Primo Ministro può chiedere all’Assemblea Nazionale di decidere da sola, con buona pace del Senato.

La cosa che però mi ha sempre molto affascinato del sistema francese è il sindacato di legittimità costituzionale preventivo. Mi sembra una cosa così intelligente che mi domando perché nel resto del mondo invece prevalga quello successivo. Mi spiego meglio: preventivo o successivo rispetto a cosa?

Rispetto all’approvazione della legge. Vale a dire che in Francia dopo che il Parlamento ha adottato una legge, questa non entra in vigore finché il Conseil constitutionnel non dice che quella legge rispetta la Costituzione. Pensate al problema che abbiamo con la nostra legge elettorale: ci siamo ritrovati con la Corte costituzionale che ci ha detto che quella legge era illegittima quando ormai le elezioni erano avvenute! Pensate che se ci fosse stato il sindacato preventivo, la Corte l’avrebbe bocciata in partenza e avrebbe aggirato un sacco di problematiche che adesso ci creano disturbo e confusione.

Ebbene, in questo mi permetto di segnalarvi qualcosa che, in tutta onestà, non ho colto da nessuna parte in tutti questi mesi di campagna referendaria: il nuovo comma 2 dell’art. 73. Esso così recita:

Le leggi che disciplinano l’elezione dei membri della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica possono essere sottoposte, prima della loro promulgazione, al giudizio preventivo di legittimità costituzionale da parte della Corte costituzionale, su ricorso motivato presentato da almeno un quarto dei componenti della Camera dei deputati o da almeno un terzo dei componenti del Senato della Repubblica entro dieci giorni dall’approvazione della legge, prima dei quali la legge non può essere promulgata. La Corte costituzionale si pronuncia entro il termine di trenta giorni e, fino ad allora, resta sospeso il termine per la promulgazione della legge. In caso di dichiarazione di illegittimità costituzionale, la legge non può essere promulgata”.

Insomma, un modo per dire: abbiamo imparato la lezione, almeno in questo!


Germania: forma di governo parlamentare (cancellierato), federalismo, sistema elettorale misto

Dopo la caduta del regime nazista gli americani temevano fortemente che in Germania si affermassero forze politiche di ispirazione comunista, all’epoca molto forti non solo in Germania ma anche in Francia e Italia. Ciò indusse il governo americano a far inserire nella Costituzione tedesca (Grundgesetz), che è del 1949, la clausola “dell’ordinamento liberal-democratico” quale limite all’attività politica. Secondo l’art.21.2, infatti, “I partiti, che per le loro finalità o per il comportamento dei loro aderenti si prefiggono di attentare all’ordinamento costituzionale democratico e liberale o di sovvertirlo o di mettere in pericolo l’esistenza della Repubblica federale di Germania sono incostituzionali. Sulla questione di costituzionalità decide il Tribunale costituzionale federale”. Questa cosa non deve assolutamente sorprendere, innanzitutto perché non dobbiamo comunque scordarci dell’occupazione della Germania dopo la II guerra mondiale: Francia, Regno Unito e Stati Uniti nella Germania ovest, mentre l’Unione Sovietica nella Germania est. Difatti, l’attuale Costituzione tedesca è la c.d. Costituzione di Bonn, che fu fino alla caduta del muro la capitale della Germania ovest; dopo la caduta del muro, questa Costituzione fu estesa anche alla Germania est. Inoltre, in quegli anni e nei decenni immediatamente successivi alla fine della seconda guerra, ci fu uno scambio culturale, molto intenso anche a livello giuridico, tra Stati Uniti e mondo tedesco in senso lato: basti sapere che uno dei più influenti giudici della corte suprema americana di allora era Felix Frankfurter (viennese, in realtà, ma latore della cultura giuridica tedescheggiante). Ma guardate anche a Henry Kissinger o a Leo Strauss. E potremmo continuare a lungo. Ma mi fermo qui, l’importante è non sottovalutare mai (e lo ripeterò fino allo sfinimento!) la componente sociale e culturale che influenza diritto e politica!


Quello che gli USA riuscirono a fare in Germania non avvenne invece in Italia, perché i partiti di sinistra costituivano circa il 40% dell’Assemblea Costituente. Essi erano raccolti all’interno del c.d. Fronte popolare, con capofila il Partito Comunista Italiano di Togliatti che vedeva nella Costituzione uno step necessario nell’ottica della “democrazia progressiva” in direzione di una successiva democrazia socialista.


La Costituzione tedesca ha previsto una specie di parlamentarismo che attribuisce particolare risalto al ruolo del capo del Governo (il Cancelliere federale), per cui questa forma di governo viene generalmente chiamata Cancellierato. Il Cancelliere è eletto senza dibattito dalla Camera politica (il Bundestag, assimilabile alla nostra Camera dei deputati) su proposta del Presidente federale, a maggioranza dei suoi membri; se il candidato non ottiene questa maggioranza, la Camera può eleggere un altro cancelliere nei quattordici giorni successivi; decorso tale termine viene eletto chi ottiene il maggior numero di voti. Tuttavia, se non raggiunge la maggioranza assoluta (la metà + 1) il Presidente federale deve decidere se nominarlo o sciogliere la Camera. Una volta nominato il Cancelliere è titolare di molti poteri, tra cui quello di determinare le “direttive” della politica del Governo, assumendosene la responsabilità.

Tuttavia, l’istituto tedesco più noto è la sfiducia costruttiva, in base alla quale la Camera può votare la sfiducia al Cancelliere solamente se contestualmente elegge, a maggioranza assoluta, un successore. Ciò serve a evitare le crisi al buio, cioè quelle crisi di governo che si aprono senza che le forze politiche abbiano scelto la soluzione da dare alla crisi. Cosa che noi in Italia conosciamo molto bene.

In Germania si è affermato un sistema politico bipolare che determina competizioni elettorali caratterizzate dalla contrapposizione di due coalizioni alternative. Anche se giuridicamente l’elettore vota per i candidati del Parlamento, di fatto sa chi sarà il Cancelliere nel caso di vittoria elettorale della coalizione di cui fa parte il partito per il cui candidato ha votato.

Il parlamentarismo tedesco (così come quello inglese) prende il nome di parlamentarismo maggioritario, poiché in ogni caso vi è un sistema bipolare in cui due fronti alternativi si scontrano e vince chi ha avuto la maggioranza dei voti. Da questo modello le elezioni tirano sempre fuori una maggioranza di governo in cui Primo ministro diviene il leader della coalizione, per cui questi gode di un’investitura popolare e il governo ha il sostegno di una maggioranza politica che di regola lo sostiene fino alla fine della legislatura (c.d. governo di legislatura).

È evidente che così non è in Italia, dove anche quando si è tentato di avviare un sistema bipolare (in certi momenti addirittura si è azzardato di pensare a un bipartitismo!) ci si è dovuti arrendere alla qualità della classe politica italiana. Giacché, anche quando abbiamo formato delle coalizioni, c.d. di centrosinistra e di centrodestra, a vincere non è mai stata l’unità bensì l’individualismo dei singoli partiti e partitini. Credete che la Merkel (che è al suo posto da 11 anni!), o in generale i cancellieri tedeschi (non so se ricordate Gerhard Schröder o l’indimenticabile Helmut Kohl che è stato Cancelliere per 16 anni!), durerebbero così tanti anni se le coalizioni da loro capeggiati avessero la frammentazione e, chiamiamola inappropriatamente, “disonestà” degli alleati dimostrate nel mondo politico italiano? No, non durebbero! Per cui, se lì il proporzionale funziona, non è perché lì c’è il tanto agognato vincolo di mandato, bensì perché c’è un’educazione civica nonché un’educazione politica. L’art. 38, ultima parte, della Costituzione (o meglio della “Legge fondamentale” come la chiamano loro) tedesca così recita: “Essi [i deputati del Bundestag, la Camera bassa] sono i rappresentanti di tutto il popolo, non sono vincolati da mandati né da direttive e sono soggetti soltanto alla loro coscienza.” Percepite quanto è bella questa disposizione? Essere soggetti alla coscienza!


In un mondo di disillusi qual è quello in cui stiamo finendo per ritrovarci, oltre ad avere un diritto alla felicità in America, abbiamo un riferimento alla coscienza nella Costituzione tedesca. Lì ci riescono, lì il sistema (sebbene neanche quello sia perfetto, ma per il semplice fatto che non esiste un sistema perfetto) funziona. Dove sta l’inghippo? Che per essere soggetti alla propria coscienza, prima è necessario averla una coscienza. Ma la coscienza non è qualcosa che si acquisisce con una modifica costituzionale o con una legge: la coscienza va per prima cosa coltivata, perché ce l’abbiamo tutti!

Si ripropone il problema culturale, la questione di un confronto costruttivo e non distruttivo come ormai assistiamo da troppo tempo. Oramai non vi è un governo che sale al potere che non abbia come prima missione quello di smantellare quanto fatto, sia esso buono o cattivo, dal governo precedente. Praticamente, se facciamo un passo avanti poi ne facciamo uno indietro. Se ne facciamo due avanti, ne facciamo due indietro. Risultato: ci muoviamo tanto per poi rimanere fermi. Come diceva Leopardi nel “Canto notturno di un pastore errante dell’Asia”: “Per tornare là donde si son mosse”, meglio di così non avrei saputo dirlo…


Ora, in Germania abbiamo il Bundestag (simile alla nostra Camera) e il Bundesrat (che è la Camera alta, volgarmente il Senato). Il Bundestag viene eletto (per quattro anni) a suffragio universale e diretto dai cittadini tedeschi: 630 deputati (esattamente come la nostra Camera) eletti con sistema misto, metà collegio uninominale con maggioritario e metà sistema proporzionale del quoziente, con soglia di sbarramento per i partiti che non hanno raggiunto il 5%. Non ci addentriamo nella faccenda perché all’interno di ognuno di questi sistemi, esistono mille varianti: non esiste un solo sistema maggioritario così come non esiste un solo sistema proporzionale. Entrambi possono essere estremamente democratici e funzionali ed entrambi estremamente antidemocratici e disfunzionali.

In queste questioni non c’è niente di peggio e dannoso che utilizzare un metodo manicheo di valutazione: bene e male. Sono categorie concettuali che dovremmo, se proprio vogliamo, applicare alla morale e all’etica, ma non di certo alla politica. Ne verrebbe fuori una visione e una valutazione distorta.


Il Bundestag ha quattro funzioni principali:

  1. elegge il cancelliere;

  2. approva il testo definitivo di ogni singola legge;

  3. controlla il governo e la sua politica;

  4. essendo l'organo di rappresentanza di tutto il popolo, ha il compito di occuparsi dei problemi di tutti i gruppi sociali discutendoli pubblicamente.


Poi abbiamo la Camera alta, il Bundesrat, che ha il ruolo chiave nella ripartizione della sovranità tra lo stato centrale (Bund) e gli stati membri (Länder) poiché è attraverso quest'organo che i Länder possono tutelare i propri interessi. Il Bundesrat è composto da 69 delegati dei governi dei vari Länder, esattamente come prevede l’attuale testo di riforma per il Senato italiano (i consigli regionali sono i “governi” regionali e saranno chiamati a mandare dei propri delegati alla Camera alta). Il numero dei delegati è determinato sulla base del numero dei suoi abitanti, con un minimo di 3 e un massimo di 6 delegati.

Il Bundesrat è un organo permanente che svolge la sua attività in modo continuativo senza che questa sia organizzata in periodi di legislatura, infatti la sua composizione è determinata dalla elezioni regionali che si svolgono nei vari Länder e poiché la scadenza temporale delle elezioni regionali è diversa da Land a Land, i membri del Bundesrat vengono rinnovati a rotazione, ogni volta che in un Land si tengono elezioni regionali. Esattamente così avverrebbe in Italia, se passasse la riforma: le elezioni amministrative non si verificano tutte contemporaneamente e soprattutto non sono contestuali alle elezioni nazionali. Ciò significa che mentre la Camera (eletta a livello nazionale) effettivamente deve dare l’appoggio politico al governo, il Senato potrà sganciarsi da queste dinamiche, e in parte sarà costretto a farlo, perché la sua composizione varierà: ci sono regioni che rimangono sempre di destra e altre che rimangono sempre di sinistra, ma ci sono quelle che mostrano un’alternanza oppure fanno la “sorpresina”... è lì che si gioca tutto! Per cui si potrebbe verificare con molta facilità che al Senato vi sia una maggioranza “politica” diversa da quella che si ha alla Camera, ma non essendo previsto il voto di fiducia da parte del Senato, il governo può comunque governare e, proprio perché non può incidere a livello di politica nazionale, il Senato sarà “costretto” a iniziare a occuparsi per davvero delle autonomie locali anziché dei giochetti politici.

Tuttavia, c’è un MA: nel modello tedesco, ogni Land prevede il vincolo di mandato; nella nostra riforma no, ogni senatore risponde individualmente. Mi spiego meglio: la Baviera esprime 6 senatori all’interno del Bundesrat, se di fronte a una legge la Baviera dice di votare NO, tutti e 6 i senatori dovranno votare no. Non esiste che 4 votano NO e 2 votano Sì. Invece, nella nostra riforma, se il Molise prende 2 senatori, indipendentemente da quelle che sono le indicazioni del consiglio regionale molisano, i 2 senatori potranno, se vogliono, votare in modo diverso.

Nelle votazioni al Bundesrat non è possibile astenersi né è previsto il voto segreto. Insomma, non c’è trucco non c’è inganno!

Di quali leggi si occupa il Bundesrat? Ci sono una quarantina di materie, che riguardano direttamente i Länder, su cui si può legiferare solo congiuntamente Bundestag - Bundesrat; quest’ultimo deve esaminare il progetto di legge e votarlo entro sei settimane (leggasi, un mese e mezzo) e se lo approva con la maggioranza assoluta bene, altrimenti il progetto decade. In tutte le altre materie, invece, il Bundesrat può solo esprimere pareri che possono però essere tranquillamente ribaltati dal Budestag.

Il Bundesrat non partecipa alla votazione della fiducia del governo federale né tantomeno all’elezione del presidente federale, che spetta esclusivamente al Bundestag; mentre elegge con la maggioranza dei due terzi la metà dei giudici del Tribunale costituzionale federale.


L'art. 50, comma 2 della Legge fondamentale stabilisce che i Länder partecipano attraverso il Bundesrat alla trattazione di questioni che riguardano l'Unione europea.

A proposito di Unione Europea, una menzogna palese che va smentita (a prescindere dalla mia opinione personale sulla riforma in generale) è che il nuovo testo costituzionale comporti una nuova ulteriore cessione di sovranità da parte dell’Italia nei confronti dell’Unione europea solo perché:

  1. al primo comma dell’art. 117 si sostituisce “ordinamento comunitario” in “ordinamento dell’Unione Europea” (mera modifica formale dettata dal fatto che nel 2001, quando fu formulata l’attuale dicitura dell’art.117, esisteva sì l’Unione europea ma anche le rimanenti due comunità, la CECA – Comunità europea dell’acciaio e del carbone – morta di morte naturale alla scadenza del Trattato istitutivo che non fu rinnovato e la CEEA – Comunità europea dell’Energia atomica – sostanzialmente assorbita all’interno della Commissione europea nelle competenze del Commissario all’Energia e all’Ambiente);

  2. nel nuovo articolo 55, al comma 5, si prevede che il Senato “Partecipa alle decisioni dirette alla formazione e all’attuazione degli atti normativi e delle politiche dell’Unione europea” e nel nuovo art. 70, comma 1, che “La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere […] per la legge che stabilisce le norme generali, le forme e i termini della partecipazione dell’Italia alla formazione e all’attuazione della normativa e delle politiche dell’Unione europea”. Non c’è nessuna perdita di sovranità, semplicemente si cerca di far capire – esplicitando ciò che già c’è implicitamente e sottinteso – l’importanza di partecipare alla formazione degli atti dell’Unione europea. Se noi contiamo poco o nulla a livello europeo è anche perché non diamo alcun contributo, anzi generalmente ci disinteressiamo della formazione di tali atti per poi avere il coraggio di lamentarci. In fondo, il nuovo articolo cosa sta dicendo di così pericoloso? Sta solo dicendo che quella legge, la singola legge, in cui si stabilisce come l’Italia partecipa alla formazione delle norme europee e alla loro attuazione deve essere approvata da entrambe le Camere. Qual è l’abominio in ciò?

Mi spiego meglio: ho letto da qualche parte che l’inserimento di queste norme vincola l’Italia all’appartenenza all’Unione Europea e, conseguentemente, per poter uscire sarà necessaria una modifica della Costituzione in futuro. È una bugia bella e buona. Noi possiamo uscire quando cavolo vogliamo dall’Unione europea, semplicemente attivando la procedura prevista dal Trattato di Lisbona. Non diciamo fesserie!!!

Se vi parlo di quest’argomento nel paragrafo sulla Germania è perché invece la Costituzione tedesca prevede la necessità di modifica costituzionale per molte cose inerenti l’Unione europea. Vi riporto l’articolo e capirete da voi quanto le due formulazioni siano lontane l’una dall’altra..


Art. 23 (L’Unione Europea)

"1. Per la realizzazione di un'Europa unita la Repubblica federale di Germania collabora allo sviluppo dell'Unione Europea che è fedele ai principi federativi, sociali, dello Stato di diritto e democratico nonché al principio di sussidiarietà e che garantisce una tutela dei diritti fondamentali sostanzialmente paragonabile a quella della presente Legge fondamentale. La Federazione può a questo scopo, mediante legge approvata dal Bundesrat, trasferire diritti di sovranità.

Per l'istituzione dell'Unione Europea, per le modifiche delle norme dei trattati e per le regolazioni analoghe, mediante le quali la presente Legge fondamentale viene modificata o integrata nel suo contenuto oppure mediante le quali tali modifiche e integrazioni vengono rese possibili, si applica l'articolo 79, secondo e terzo comma -> questo art.79 (Modifica della Legge fondamentale) dice:

"2. Tale legge [di revisione costituzionale] necessita dell’approvazione dei due terzi dei membri del Bundestag e dei due terzi dei voti del Bundesrat.

3. Non è ammissibile alcuna modifica della presente Legge fondamentale che riguardi l’articolazione della Federazione in Länder, il principio della partecipazione dei Länder alla legislazione o i princìpi enunciati negli articoli 1 e 20.”


Ora termino questo flusso di coscienza e tour per il mondo, spero di essere riuscita a trasmettervi la complessità del tema e quindi quanto la comunicazione fatta dalla nostra politica e dai nostri media non sia solo semplificata (com’è giusto, in parte, che sia!) ma soprattutto quanto sia banalizzata e manipolata.

Affidarsi all’interpretazione giuridica fatta da politicanti (per favore, non accostiamo nessuno di loro ai politici più che preparati che avevamo nell’Assemblea Costituente) può solo indurci all’errore; nei tentativi di propaganda che devono mettere su, per tirare acqua al proprio mulino, saranno disonesti anche coloro che si proclamano onesti.

Piuttosto fate da voi, non sottovalutate una materia come l’educazione civica quando dei “poveri” insegnanti incaricati di questo arduo compito proveranno a spiegare qualcosa ai vostri figli ma dite, invece, loro quanto quella materia sia fondamentale per il loro futuro.



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