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Tutte le rotte portano a Roma?


Questo articolo sarebbe dovuto uscire alcuni giorni fa, ma forse l’attesa non prevista lo rende ancora più attuale dopo i fatti di Parigi del 13 novembre che ci lasciamo alle spalle. Soprattutto nell’aspetto che si è più volte sottolineato nei media in questi giorni: i terroristi arriverebbero in Italia attraverso le migrazioni.

La conclusione è un po’ discutibile; non del tutto errata, perché il calcolo delle probabilità ammette tale possibilità, ma di certo è una conclusione che sposta il centro del problema. Se una rotta che desta preoccupazioni c’è, preoccupazioni fondate intendo, è quella balcanica. Sembra essere stata smentita la notizia delle prime ore secondo cui uno degli attentatori di Parigi sarebbe stato un siriano che aveva ottenuto lo status di rifugiato una volta sbarcato in Grecia. Sembra si trattasse di un documento falso. Ma ipotizziamo fosse vero. Entrato in Grecia, la rotta che ha necessariamente seguito è stata quella balcanica. Guardate la carta geografica. Di certo non è passato dall’Italia.


Perché la rotta balcanica preoccupa? Perché è quella dove ritroviamo una maggiore commistione tra criminalità organizzata e autorità statali. Il Kossovo è l’esempio concreto di quando la criminalità organizzata riesce a creare dal nulla uno Stato, e ne controlla il territorio e arriva dove le forze dell’ordine non riescono ad arrivare. Lì, nei Balcani, la criminalità organizzata gestisce tutto, o quasi.

Non nego in questo modo che la criminalità imperversi anche nel sistema di trasferimenti dal Nord Africa verso l’Europa, passando per – tappa obbligata – l’Italia. Tuttavia, il mar Mediterraneo annacqua – anche fuor di metafora – tutto, compreso l’impatto.



La criminalità organizzata che opera nelle rotte che attraversano il Canale di Sicilia (quindi usando la testa di ponte libica, e in parte quella tunisina) si dedica ad attività diverse da quelle della criminalità balcanica. Quella che attraversa il Canale di Sicilia (non il Mediterraneo in senso lato, ma il Canale di Sicilia che è quello che ci interessa!) è ora prevalentemente dedicata al traffico di migranti e alla tratta di esseri umani. Quella balcanica è un po’ più “variegata”.

Ciò significa che, piuttosto che trovare tra i migranti criminali e terroristi, è molto più probabile trovarvi migranti trafficati ed esseri umani schiavizzati.

Quando si parla di traffico di migranti cosa s’intende? Esso è “il procurare, al fine di ricavare, direttamente o indirettamente, un vantaggio finanziario o materiale, l’ingresso illegale di una persona in uno Stato di cui la persona non è cittadina o residente permanente” (art. 3 Protocollo Addizionale per combattere il traffico di migranti via terra, via mare e via aria, che si rifà alla Convenzione di Palermo del 2000 sulla criminalità organizzata transnazionale).

Quando invece parliamo di tratta intendiamo “il reclutamento, trasporto, trasferimento, l’ospitare o accogliere persone tramite l’impiego o la minaccia di impiego della forza o di altre forme di coercizione, di rapimento, frode, inganno, abuso di potere o di una posizione di vulnerabilità o tramite il dare o ricevere somme di denaro o vantaggi per ottenere il consenso di una persona che ha autorità su un’altra a scopo di sfruttamento. Lo sfruttamento comprende, come minimo, lo sfruttamento della prostituzione altrui o altre forme di sfruttamento sessuale, il lavoro forzato o prestazioni forzate, schiavitù o pratiche analoghe, l’asservimento o il prelievo di organi” (art. 3 Protocollo Addizionale - alla medesima Convenzione - per prevenire, reprimere e punire la tratta di persone, in particolare di donne e bambini).

In entrambi i casi, ancor peggio nel caso della tratta, ci troviamo di fronte a persone che salgono sulle carrette del mare in situazione di “inferiorità/debolezza”. Ce lo vedete un potenziale terrorista disposto a pagare fior di quattrini per farsi trasportare in Italia, col rischio che magari nemmeno ci arriva perché la carretta affonda in alto mare? Cioè, mi sembra che i terroristi con cui abbiamo a che fare siano abbastanza fanatici da avere certamente disprezzo anche per la propria vita, ma soprattutto per volersi assicurare di arrivare illesi sul luogo del previsto attentato e poterlo portare a compimento. Se fossi un terrorista (difficile immedesimazione, lo ammetto!), sceglierei trasporti via terra, attraverso la rotta balcanica o – se proprio mi viene complesso giungere lì – attraverso la strettoia dello Stretto di Gibilterra, quindi passando per il Marocco e risalendo in Spagna.

Non mi avventurerei nel disgraziato Canale di Sicilia per andare incontro a un’alta probabilità di morte. E tutto sommato, l'IS è abbastanza ricco da potermi pagare un bel biglietto aereo...


La recente risoluzione del Consiglio di Sicurezza, la n. 2240, adottata il 9 ottobre scorso, conferma ciò e autorizza gli Stati membri delle Nazioni Unite ad agire, singolarmente o nell’ambito di organizzazioni regionali (Unione Europea inclusa), solo per fronteggiare il traffico di migranti e la tratta di esseri umani. Ciò in diversi modi:

- Assistendo la Libia, su sua richiesta, per mettere in sicurezza i propri confini e prevenire, investigare e perseguire tali attività criminose all’interno del suo territorio (incluso quindi il mare territoriale);

- Cooperando con il governo libico e tra di loro, condividendo le informazioni e fornendo assistenza ai migranti e alle vittime della tratta recuperati in mare, ai sensi del diritto internazionale;

- Vigilando la porzione di alto mare che sta al di fuori della giurisdizione libica e, a tal fine, il Consiglio di sicurezza li autorizza, tramite questa risoluzione, a ispezionare - qualora si abbiano ragionevoli motivi per ritenere che esse siano usate, lo siano state o lo saranno nell’immediato futuro, dalle organizzazioni criminali:

  1. imbarcazioni senza bandiera, nel rispetto del diritto internazionale;

  2. altre imbarcazioni con il consenso dello Stato di bandiera;

  3. queste ultime qualora lo Stato di bandiera non rilasci il consenso, ma vi siano circostanze specifiche ed eccezionali che inducano a ritenere assolutamente necessaria l’ispezione, purché gli Stati facciano tutti gli sforzi in buona fede per ottenere il consenso dello Stato di bandiera.

La risoluzione fornisce un’ulteriore autorizzazione, valida per un anno, a:

- Sequestrare le imbarcazioni ispezionate;

- Compiere ulteriori azioni nei confronti dell’imbarcazione ispezionata purché in accordo con il diritto internazionale, con la dovuta considerazione degli interessi degli Stati parti che hanno agito in buona fede

purché abbiano come primo e prioritario obiettivo la sicurezza alle persone a bordo, evitando tra l’altro di causare danni all’ambiente marittimo o alla sicurezza della navigazione.

Tale risoluzione sottolinea che le finalità delle attività compiute dagli Stati devono essere lo smantellamento delle organizzazioni criminali coinvolte in traffico e tratta così come la prevenzione della perdita di vite, e non minare i diritti umani degli individui che cercano la protezione del diritto internazionale, in particolare quella concessa ai rifugiati, da trattare con umanità e dignità.

Considerando quindi che la quasi totalità, se non davvero la totalità, dei migranti che arrivano in Italia sono vittime di traffico e tratta piuttosto che criminali in se stessi; considerando che è più probabile che agiscano combattenti stranieri rientrati dal fronte siriano (quindi cittadini di Stati europei, per guardare solo al nostro continente) o persone da noi ormai residenti da tanto tempo che maturano avversione verso il Paese ospitante; considerando che più si fa una divisione manichea tra buoni e cattivi, puntando l’indice contro tutti gli “stranieri non occidentali”, senza distinguo alcuno, e ancor di più se migranti, più l’astio in cui maturano le adesioni a certe “dottrine fondamentaliste” cresce - e con esso cresce il rischio attentato -; considerando tutto questo, tramite quest'articolo vi propongo una lettura razionale, non emotiva e nemmeno buonista di tutte queste linee, che uniscono punti geografici e segnano destini, che si chiamano rotte.




Originariamente pubblicato su: www.geaeducation.org


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